Le insidie del Metodo degli Elementi Finiti (FEM) nell’ingegneria strutturale – Salvatore Palermo

FEM_insidie

Le nuove Norme Tecniche italiane, NTC del D.M. 14.01.08 (nel seguito NTC), obbligatorie dal Luglio 2009, si profilano più complesse per il progettista strutturale, tali da rendere inevitabile il ricorso sistematico a programmi di calcolo automatico. Il metodo degli elementi finiti (e.f. o fem) è quello che viene oramai impiegato in tutti i programmi di calcolo.

Norme Tecniche e programmi di calcolo

Autore
Dott. Ing. Salvatore Palermo
Responsabile del progetto NTCalc (www.novaingegneria.it)

Se è vero che la tendenza moderna del software, in qualsiasi settore, è quella di fornire prodotti amichevoli verso l’utente (user-friendly) è pur vero che i programmi fem restano programmi specialistici e all’interno delle loro librerie parrebbe più opportuno ritrovare dizioni degli elementi legate alla filosofia del metodo più che al linguaggio edilizio.

Dizioni quali, per citare in modo completamente casuale: setto, muro, solaio, soletta, tamponamento, fondazione, ecc., possono risultare di immediata famigliarità all’utente ma forse di non altrettanta immediata chiarezza ai fini dell’uso del fem.

Ad esempio: se da una libreria è possibile prelevare l’elemento muro (e già qui si potrebbe discutere sull’origine del nome, che non ha riscontro diretto nelle formulazioni fem, adottate nella Ricerca), esso che cos’è:

  1. un graticcio equivalente di aste (elemento equivalente) oppure un elemento finito bidimensionale, considerato che gli uni hanno dagli altri differenze sui livelli di convergenza (e non solo su quelli) ?
  2. Se è un e.f. bidimensionale:
    – è un e.f. lastra (plane stress)?
    – è un e.f. piastra (plate)?
    – è un e.f. guscio (shell)?
  3. L’elemento (lastra, piastra o guscio che sia) è valido per strutture solo snelle (thin), solo tozze (thick) o entrambe?
  4. Se è un e.f. guscio o un e.f. lastra, è a 5 o a 6 gradi di libertà (g.d.l.) per nodo?
  5. Se è a 5 g.d.l., la rotazione ortogonale al piano è bloccata in automatico dal programma o deve intervenire l’utente? Se è bloccata in automatico viene dato avviso in qualche modo (particolare tutt’altro che trascurabile)?
  6. Se non si tratta di un graticcio equivalente, ma si tratta di elementi bidimensionali, la discretizzazione è effettuata in automatico dal programma o è lasciata all’autonomia dell’utente?
  7. Con riferimento al punto che precede: se la discretizzazione è eseguita in automatico dal programma, essa viene mostrata visivamente all’utente (es. mesh 4×4, mesh 8×8 ecc.) oppure viene inibita la visualizzazione (macroelemento o che dir si voglia)?
  8. Se la discretizzazione è svolta in automatico la generazione degli elementi della mesh (densità, forma, dislocazione, orientamento) è solo la conseguenza dell’uso di una funzione di disegno assistito o viene anche eseguita osservando altri criteri?
    In tal caso, quali ? E in che modo vengono effettuati, se vengono effettuati, i necessari controlli, ad es. sulla distorsione degli elementi ?

Ancora: se da una libreria è possibile prelevare l’elemento ‘tamponamento’ o ‘pannello’ o chiamato con qualsiasi altra dizione tale da renderlo cosi famigliare all’utente, esso che cos’è:

1. solo un comando a cui corrisponde una maschera di input per definire una superficie verticale, un peso a metro quadro e selezionare una trave su cui scaricare tale peso (allora se così è non si dovrebbe nemmeno parlare di elemento tamponamento, poiché nulla avrebbe a che vedere con il finite element method, ovvero tal tamponamento nessun effetto computerebbe nel modello, sismico o non sismico che sia);

2. è un graticcio di aste equivalenti oppure un elemento finito mono o bidimensionale?

3. se è un elemento finito monodimensionale:

– si tratta di aste bilatere (Truss) oppure aste monolatere (Gap) ?

– Truss o Gap che sia: in che modo vengono determinate le rigidezze?

– Se ci sono aperture nel pannello, ne viene tenuto conto nel calcolo della

   rigidezza? In che modo?

– se sono Truss (bilateri), si presume non si possa annullare l’effetto di trazione;

  per tamponamenti in muratura, che si fa ?

  Itera l’utente il calcolo, eliminando le aste tese?

  Forse, salvo l’onere di calcolo, lo si potrebbe fare per una analisi con forze statiche,

  ma per una dinamica modale?

– Se sono Gap (quindi non lineari): è prevista l’effettiva implementazione di una

  apposita procedura di analisi dinamica-sismica? Quale?  E che prove si hanno sulla

  convergenza?

4. se è un elemento finito bidimensionale: si possono ripetere inalterati gli interrogativi da 2. a 8., già evidenziati al caso che precede.

E’ auspicabile, per ritornare al ragionamento di partenza, che da un lato gli elementi siano presentati con terminologie più rispondenti alla filosofia fem che alle nomenclature dell’edilizia e che dall’altro sia presente una adeguata documentazione che consenta di dare risposta ai quesiti sopra posti.

Non avere risposte esaurienti a domande quali quelle che precedono, e sono solo alcune, può significare l’utilizzo di elementi di cui non se ne sia chiarita la natura, con il rischio di realizzare un modello strutturale, magari finalizzato al calcolo sismico, con risultati finali poco attendibili.

Insomma sarebbe meglio Shell, Plane, Plate, Gap, Truss, Spring, …,  che muro, tamponamento, soletta, …

Ma non basta: se dico Shell o Plate stai certo che l’elemento rappresenta regimi flessionali, ma allora meglio ancora se ti aggiungessi H.C.T, D.K.T, D.K.Q o il nome di quale sia la nobile famigliola  di appartenenza dell’elemento.

La famiglia di origine (come già l’esperienza comune insegna) può avere la sua importanza, che qui si traduce nel fornire la base teorica di riferimento servita per l’implementazione dell’elemento e le caratteristiche dell’elemento una volta implementato, tra cui:

  • passaggio o non passaggio al Patch Test;
  • elemento compatibile o incompatibile;
  • tipo di convergenza (monotona, dal basso, dall’alto);
  • velocità di convergenza in relazione all’infittimento;
  • rapporti massimi di distorsione tollerabili per l’elemento;
  • qualità della precisione in relazione alla snellezza della struttura modellata;
  • ecc.;

infatti una serie di elementi, pur essendo formulati per uno stesso regime (es. di piastra), possono presentare comportamenti diversi in relazione alle suddette caratteristiche.

Sempre contando sull’esperienza comune, come di quel Santo che non credeva se non vedeva, sarà bene che l’utente verifichi con appositi tests che la traduzione della formulazione teorica in codifica/algoritmo, all’interno del programma, sia stata corretta ed efficiente (vedere dopo).

Gli obblighi introdotti dalle nuove Norme Tecniche per i progettisti che si avvalgono di  programmi di calcolo

Come ricordato in apertura, i nuovi sviluppi normativi, unitamente alla classificazione sismica estesa a tutto il territorio nazionale,  comportano la necessità di sviluppare calcoli che rendono inevitabile l’utilizzo di programmi automatici.

Conseguenza è la necessità di saggiarne la loro affidabilità e l’attendibilità dei risultati ottenuti, quest’ultimi in stretta relazione con la correttezza del modello elaborato dal progettista.

Questa esigenza oggi non può non essere avvertita dall’ingegnere civile.

Infatti, per strutture particolarmente impegnative, l’ingegnere aeronautico, meccanico o navale ha la possibilità di effettuare prove (fino alla rottura) su campioni anche in scala 1:1; questa possibilità è pressochè preclusa all’ingegnere civile (le prove su modelli in scala ridotta sono comunque costose e presentano problematiche di taratura del modello, l’impiego di schemi statici semplificati risolti per altra via è auspicabile ma fornisce solo indicazioni di massima).

Paradossalmente l’ingegnere civile, che non ha inizialmente contribuito all’introduzione della tecnica di calcolo agli elementi finiti (affermatasi in ambiente aeronautico), è quello forse maggiormente interessato ad acquisire dimistichezza d’uso, per la difficoltà di svolgere adeguati (ed economici) controlli alternativi.

Occorre anche sottolineare che  i ricercatori in materia  hanno spesso privilegiato gli aspetti essenzialmente matematici del metodo, trascurando molte volte le questioni applicative.

Per cui, da un lato si è avuta una enorme mole di ricerche matematiche e, dall’altro, una scarsa disponibilità di riferimenti operativi per chi (strutturista) risulta prevalentemente impegnato nell’attività dell’analisi strutturale.

Contemporaneamente, gli stessi progettisti, abbandonata l’iniziale sensazione di potenza (gli elaboratori consentono di fare calcoli assolutamente impensabili per le possibilità umane e che sfuggono oramai a qualsiasi nostro tentativo di sintesi) hanno ravvisato la necessità di un uso meno passivo e più sensibile dei nuovi strumenti a disposizione.

La richiesta di controllo di affidabilità dei programmi di calcolo e dell’attendibilità dei risultati provenienti da essi è presente in diverse norme e raccomandazioni internazionali  (ACI, ASCE, Ente federale tedesco di controllo delle costruzioni), ma anche in ambito nazionale: istruzioni C.N.R. 10024/86 (di fatto, non essendo Legge, poco o mai considerate nel nostro paese), fino alle NTC.

Le NTC riportano esplicitamente al cap. 10 che se l’analisi strutturale e le relative verifiche sono condotte con l’ausilio di codici di calcolo automatico, il progettista deve:

1. controllare l’affidabilità dei codici utilizzati;

2. verificare l’attendibilità dei risultati ottenuti.

Si osservi che i suddetti controlli non sono facoltativi, ovvero lasciati a discrezione del progettista (la norma al 10.2 usa l’espressione ‘il progettista dovrà…’ e non ‘il progettista potrà..’).

            Inoltre la norma, sempre al cap. 10., prevede un terzo livello di controllo:

3. nel caso in cui si renda necessaria una validazione indipendente del calcolo strutturale o comunque nel caso di opere di particolare importanza, i calcoli più importanti devono essere eseguiti nuovamente da soggetto diverso da quello originario mediante programmi di calcolo diversi da quelli usati originariamente e ciò al fine di eseguire un effettivo controllo incrociato sui risultati delle elaborazioni.

E’ superfluo sottolineare che, indipendentemente dalla maggiore o minore puntualizzazione delle richieste del cap. 10 delle NTC, il Progettista dovrebbe comunque farsi carico del controllo del calcolo automatico svolto, per formarsi un giudizio sulla qualità del proprio operato (prim’ancora che per rispondere agli eventuali obblighi normativi).

Si osservi infatti  che  al par. 10.1 delle NTC è chiaramente sancito che ‘il progettista resta comunque responsabile dell’intera progettazione strutturale’.

Obbligo di controllo dell’affidabilità del programma

Per adempiere l’obbligo previsto al p.to 1. (controllo dell’affidabilità dei codici utilizzati). è sinteticamente indicato nel 10.2 che il progettista deve esaminare preliminarmente la documentazione, a corredo del software, che dovrà contenere:

a. descrizione delle basi teoriche di riferimento;

b. descrizione degli algoritmi impiegati;

c. individuazione dei campi d’impiego;

d. casi prova risolti e commentati.

E’ esplicitamente richiamato che la suddetta documentazione sia fornita dal produttore o dal distributore del software.

La norma non lo dichiara, ma nel p.to b.  sarebbe bene includere il tipo di diagnostica per gli errori impiegata nel codice e che nel p.to d. non si potrà che fare riferimento a casi prova che, con riferimento a programmi di calcolo agli elementi finiti, non potranno essere che patch e benchmark tests: in sostanza tests autorevoli riconosciuti a livello internazionale.

            Per le peculiarità della tecnica numerica fem, di trascurabile interesse risulta confrontare i risultati di casi standard (prelevati da testi di Scienza/Tecnica delle Costruzioni)  con i risultati ottenuti al fem; per saggiare l’affidabilità degli algoritmi fem, in rapporto ad esempio alla discretizzazione del continuo o alla precisione del calcolo dei periodi di vibrazione (estrazione, ripetitività, ecc.), i tests numerici effettivamente utili allo scopo sono di  tutt’altro tipo.

Obbligo di controllo dell’attendibilità dei risultati

            Una volta che si sia sottoposto ad elaborazione il modello strutturale le NTC richiedono che il progettista, per ogni singolo progetto strutturale, deve documentare mediante relazione scritta i controlli che vengono fatti e che siano utili a comprovare l’attendibilità dei risultati ottenuti.

In merito ai tipi di controlli le NTC al p.to 10.2 ‘Giudizio motivato di accettabilità dei risultati, riportano:

  • confronto con risultati ottenuti da semplici calcoli, anche di larga massima, eseguiti con metodi tradizionali;
  • consistenza delle scelte operate in sede di schematizzazione e di modellazione della struttura e delle azioni, sulla base di considerazioni riguardanti gli stati tensionali e deformativi determinati.

 Queste modalità sono sicuramente da percorrere, ma si ritiene siano parzialmente sufficienti e genericamente poste; l’impostazione riflette ancora un approccio tradizionale che può essere insufficiente per il controllo del calcolo automatico.

Ad esempio:

  • se si desidera verificare il periodo di vibrazione di un telaio, l’impiego di semplici calcoli (anche ad esempio mediante l’impiego delle formule semplificate presenti nelle norme) può dare risultati con approssimazioni tali da vanificare la credibilità di qualsiasi confronto con i risultati ottenuti dal calcolo automatico;
  • si può ripartire un’azione sismica su 2 setti, controllare che c’è equilibrio tra tagliante sismico esterno al piede e sommatoria dei corrispondenti tagli sismici alla base dei setti, per poi scoprire che, a causa di inadeguate discretizzazioni (meshes) dei setti o per altre ragioni, la ripartizione del taglio tra i singoli setti non è corretta.

In altre parole simili controlli non possono prescindere dalla complessità del calcolo (come l’analisi dinamica) o dalle peculiarità della tecnica di discretizzazione del continuo alla base del calcolo automatico (elementi finiti), altrimenti rischiano di fornire solo un’illusoria (grossolana) sensazione di correttezza.

E’ parere dello scrivente che la parte del p.to 10.2 titolata ‘Giudizio motivato di accettabilità dei risultati’ andrebbe riscritta, rielaborata ed ampliata; cosi com’è appare l’antico retaggio di controlli fatti per un progetto non sismico e pertanto inadeguata nell’ambito di un calcolo dinamico-sismico e non del tutto pertinente con le criticità tipiche della tecnica di discretizzazione automatica fem oggi universalmente impiegata.

Attualmente sono disponibili tecniche moderne di controllo dell’attendibilità dei risultati: error estimator, adaptive analisys, ecc., che da un lato non possono più essere trascurate dagli utilizzatori di programmi fem e dall’altro non possono più essere ignorate dalle Norme (o quanto meno da Commentari/Circolari pubblicati a corredo delle Norme).

Si intende che tutto questo assume importanza adesso alla luce delle NTC che spingono (volenti o nolenti) verso un calcolo automatico ‘pesante’ e che molto meno importanza poteva averne al tempo del DM ’96.

E’ bene precisare che, appurata che si sia l’affidabilità del codice, prima di passare a testare l’attendibilità dei risultati, occorre avere realizzato un modello corretto su cui lanciare l’analisi.

Il cap. 10 NTC, pur richiamando la necessità di controllare taluni aspetti, pressochè trascura di avvertire sulla  necessità di una corretta modellazione (e questo ci sorprende); la parola modellazione appare una sola volta nell’intero testo del cap. 10; per non parlare delle strategie per conseguirla (e questo non ci sorprende, trattandosi di una Norma Tecnica).

Facoltà di prevedere una validazione del calcolo (controllo incrociato dei risultati)

            Come già anticipato, le NTC, sempre al cap. 10, prevedono un terzo livello di controllo:

3. nel caso in cui si renda necessaria una validazione indipendente del calcolo strutturale o comunque nel caso di opere di particolare importanza, i calcoli più importanti devono essere eseguiti nuovamente da soggetto diverso da quello originario mediante programmi di calcolo diversi da quelli usati originariamente e ciò al fine di eseguire un effettivo controllo incrociato sui risultati delle elaborazioni.

            Si noti che questo è l’unico punto in cui viene lasciata una certa discrezionalità (sulla necessità o meno di validazione incrociata, sulla scelta di effettuarla o meno a seconda dell’opera) salvo che nelle modalità per condurla: soggetto e programma di calcolo diversi da quelli originari.

            In questo caso non c’è molto da aggiungere: qualora si ritenga di dover effettuare una validazione dei calcoli, nel seguire le modalità previste dalla norma, sarà bene appoggiarsi a personale altamente qualificato e possibilmente esterno alla propria struttura tecnica, o anche interno, ma purchè non abbia partecipato al calcolo originario in modo che non risulti influenzato nelle successive scelte in fase di schematizzazione della struttura (vincoli, modello, ecc.).

I riflessi sulla direzione lavori delle opere strutturali

Nel capitolo 9 NTC, sul collaudo statico, relativamente alle opere strutturali, le NTC prescrivono chiaramente che il Collaudatore, nell’ambito delle sue responsabilità, dovrà esaminare, tra le altre cose:

  1. la progettazione nei suoi aspetti strutturale e geotecnico;
  2. gli schemi di calcolo;
  3. le azioni considerate;

è chiaro allora che la gran parte del patrimonio di conoscenze che deve acquisire il progettista strutturale per operare direttamente e nel rispetto delle norme (verifiche di affidabilità dei programmi di calcolo, corretta modellazione della struttura, delle azioni, controlli di attendibilità dei risultati, ecc.), devono diventare patrimonio comune anche a chi si accinge ad effettuare il collaudo per poterlo svolgere con cognizione di causa in relazione ai punti 1., 2., 3. sopra richiamati.

Conclusioni

Il diagramma che segue,  documenta che al progredire della conoscenza globale, l’intuizione perde peso rispetto alla strumentazione

[Diagramma, qui parzialmente adattato, che il Prof. Massimo Majowiecki, proiettava nelle sue memorabili lezioni di ‘Strutture Speciali’ alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bologna’]

Per descrivere quest’aspetto si faccia riferimento ad un esempio concreto: si consideri una platea di un edificio (pilastri e setti in elevazione) modellata con elementi tipo plate a 4 nodi (su suolo alla winkler); in figura è riprodotta la parte terminale d’angolo.

Di seguito le curve My nella zona indicata e relativi valori nodali mediati.

Le curve My si presentano sufficientemente fluide e la nostra intuizione potrebbero indurci ad accettare la mesh e i relativi risultati (tra cui, nel nodo con cerchietto, My= -4.259 )

             Se si effettua sulla stessa mesh la mappatura dei valori nodali non mediati si ottiene:

             con curve meno fluide e My al nodo, per ciascun elemento afferente, notevolmente diversi tra di loro.

Solo la rielaborazione della mesh con infittimento globale (nella zona del rettangolo tratteggiato si è passati da un precedente 2×2 a un  5×4) porta ad avere  adesso un valore mediato di 6.080.

Si osservi che se si fosse accettata la mesh iniziale si sarebbe condotto il progetto della fondazione in quella zona con My= -4.259 in luogo di My= -6.080, con sottostima (-30%).

Si rifletta su un ultimo punto: il diagramma Tempo/Conoscenza in apertura di paragrafo spiega forse perché nel passato, con poche strumentazioni, i progettisti confidavano estesamente (e spesso con successo) nella propria intuizione.

Quante volte assistiamo a richiami ai Progettisti del passato che con carta, matita e pochi schemi statici erano (spesso) in grado di cogliere l’effettivo comportamento strutturale in contrapposizione al fatto che oggi con i più moderni e avanzati software ed elaboratori sembra così irta di difficoltà una simile comprensione?

Trascurando il fatto che le retrospettive si soffermano spesso solo sui successi, trascurando i fallimenti strutturali (eppur ve ne sono stati) forse la chiave di volta è tutta quì: continuare a girarsi indietro si rischia, come la moglie di Lot, di restare tramutati in statue di sale.

Occorre comprendere che con l’ampliarsi della strumentazione a disposizione, l’intuizione perde peso e solo una adeguata preparazione del progettista, che dovrebbe essere più funzionale fin dagli indirizzi specialistici delle facoltà di ingegneria, può far fronte alla inevitabile complessità introdotta dalle Norme, a cui si accompagna quella del calcolo automatico.

Le Norme stesse peraltro, come si è visto, dovrebbero essere meglio scritte, puntualizzando taluni aspetti, fornendo indirizzi univoci e evitando quella classica diplomazia (tra il dire e il non dire, tra il lanciare il sasso per increspare l’acqua e tirare indietro la mano) che non si comprende davvero a chi possa beneficiare. Ai Progettisti no di certo.

Riferimenti

Diego Lallopizzi

Ing. Diego LALLOPIZZI
(Pescara - Italy)

INGEGNERE EDILE
Specializzato in Progettazione (BIM):

  • Strutturale/Architettonica
  • Project Management
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